di Francesco Oggiano (vanityfair.it, 22 gennaio 2018)
«Meglio una spogliarellista che un ladro», commentava compiaciuto Leonardo Sciascia. «Può accadere un fatto pirandelliano: può accadere, cioè, che Cicciolina diventi un parlamentare impeccabile». E così, per un certo verso, fu.Sbarcata a Montecitorio in quota Radicale nel 1987, la regina del porno Ilona Staller si distinse per le numerose presenze e per le battaglie per i diritti civili. Tanto da riprovare l’avventura parlamentare cinque anni più tardi, candidandosi assieme alla collega Moana Pozzi nel partito che nel frattempo aveva fondato. Il nome? Il Partito dell’Amore, naturalmente. A distanza di anni, Cicciolina ricorda con orgoglio quella parentesi extracinematografica, tanto da rivendicare il vitalizio che ancora oggi percepisce: «Me lo sono guadagnato e me lo merito». Chi invece proprio non ne vuole sapere più è l’ex collega di scranno Virginio Scotti, meglio noto come Gerry. Eletto alla Camera col Partito Socialista Italiano, lasciò amareggiato i banchi di Montecitorio e ritornò in fretta e furia nella cornice del piccolo schermo dopo cinque anni tutt’altro esaltanti. Tempo fa, il conduttore ha chiesto di farsi togliere il vitalizio di 1.400 euro. «Renzi me l’ha promesso, ma poi non si è più fatto sentire. Ora non so a chi telefonare». Problemi dei vip: i very important politicians. Sono i volti riconoscibili e famosi che vengono precettati dai partiti in occasione di ogni tornata elettorale e che in queste Politiche saranno presenti più che mai. Colpa della crescente ondata di antipolitica, che costringe sempre di più i leader di partito a pescare personalità al di fuori delle sezioni. E «colpa» anche della svolta dei 5 Stelle, che per la prima volta hanno aperto i recinti agli esponenti della cosiddetta società civile. Via i fanatici delle scie chimiche, meglio quelli del piccolo schermo. «Benvenuti a bordo cazzo» a Gregorio De Falco, Emilio Carelli e Gianluigi Paragone. Un Capitano e due giornalisti. Già, direttori e conduttori sembrano quelli più attratti dalla carriera parlamentare. Se nel centrosinistra a fare scuola sono stati gli europarlamentari improvvisati Lilli Gruber e Michele Santoro, nel centrodestra è Silvio Berlusconi il più attivo, nel tentativo di imbarcare il numero uno del Giornale Alessandro Sallusti e quello di Panorama Giorgio Mulé. A fare loro compagnia, secondo le ultime indiscrezioni, ci sarebbe pure l’ex ad del Milan Adriano Galliani. Non mancano, nella storia del Parlamento italiano, neanche gli attori e i registi. Chiedere a Giorgio Strehler (Psi), Franca Rame (Italia dei Valori), Enrico Montesano (Pds), Ettore Scola (Pci), Giorgio Albertazzi (Radicali) e Tinto Brass (Radicali). Ma visto che niente attira gli italiani più degli sportivi, ecco che in Parlamento c’è stata un’infornata di vincenti di professione: dal recordman Pietro Mennea al mito Gianni Rivera, fino alla sciatrice di fondo Manuela Di Centa e alla campionessa di scherma (e montiana) Valentina Vezzali. Mitica la sua frase a Silvio Berlusconi: «Presidente, da lei mi farei toccare». Col fioretto, precisiamo. Storicamente, i very important politicians di destra hanno avuto gioco più facile dei colleghi di sinistra a inserirsi in un partito fondato dai quadri di un’azienda televisiva: Ombretta Colli, Gabriella Carlucci, Elisabetta Gardini, Alessandro Cecchi Paone, Bud Spencer, Mara Carfagna, Iva Zanicchi, Luca Barbareschi e Giovanni Toti, i nomi più noti. A sinistra, la svolta la tentò nel 2008 Walter Veltroni, con la sua strategia delle figurine. L’obiettivo era piazzare strategicamente nelle liste personalità rappresentative di determinate nicchie, affinché drenassero voti da quella parte di elettorato: il precario per i voti dei precari, l’operaio per i voti degli operai, l’imprenditore per i voti degli imprenditori. Il risultato, fu un discreto disastro. Forse anche per questo il Pd di Matteo Renzi si mostra il partito più sobrio nella ricerca di testimonial, e sceglie di affidarsi a Lucia Annibali, l’avvocatessa sfregiata con l’acido dal suo ex, e a Paolo Siani, fratello di quel Giancarlo ucciso dalla camorra. Nulla da fare invece, per l’autorevole professore pro-vax Roberto Burioni, che ha annunciato la sua rinuncia all’offerta di una candidatura blindata al Senato: «Un onore, amo la politica, ma preferisco restare fuori dal Parlamento». In fondo, ha pensato al contrario di Sciascia, meglio virologo che parlamentare.