Gesto clamoroso del cantante fondatore dei concerti di Live Aid contro la leader birmana per la persecuzione del popolo musulmano dei Rohingya. Riconsegna a Dublino il suo premio “Libertà” concesso nel ’96 anche alla Nobel della Pace
di Raimondo Bultrini (repubblica.it, 13 novembre 2017)
Dopo il cantante Bono e gli U2, un altro celebre artista irlandese, Bob Geldof, ha espresso pubblicamente e con un gesto clamoroso la sua delusione e indignazione per il comportamento della leader birmana Aung San Suu Kyi verso i musulmani Rohingya, costretti alla fuga verso il Bangladesh per le violente persecuzioni dei militari.Geldof, musicista e fondatore dei concerti di Live Aid per raccogliere fondi destinati a iniziative umanitarie, ha annunciato che restituirà oggi nel municipio della capitale d’Irlanda il suo premio “Libertà” di Dublino che venne concesso anche alla Nobel della Pace nel 1996, sei anni prima di lui. “La sua associazione con la nostra città ci fa vergognare tutti”, ha detto, spiegando di essere anche fondatore di The Aegis Trust, fondazione per lo studio e la prevenzione dei genocidi che gestisce il museo nazionale inglese dell’Olocausto. “Sarei un ipocrita adesso – ha detto – se dovessi condividere degli onori con qualcuno che è diventato nella migliore delle ipotesi complice di omicidi, di una pulizia etnica e di genocidio”. “Noi l’abbiamo onorata, adesso ci atterrisce e ci sconvolge”, ha aggiunto. “Nel momento in cui verrà spogliata della sua onorificenza, forse il Consiglio comunale di Dublino se lo riterrà opportuno potrà ripristinare a me ciò che ho ricevuto con tanto orgoglio”. Il sindaco cittadino gli ha subito risposto dichiarando di essere d’accordo con la motivazione, ma ha anche ricordato che Geldof stesso “mantiene con orgoglio il suo titolo di Cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico”, circostanza “ironica – ha spiegato – vista la vergognosa testimonianza dell’imperialismo britannico in tutto il mondo”. Come Geldof, nei giorni scorsi anche gli U2, sul sito web del gruppo, erano stati altrettanto duri verso la ex eroina dei diritti umani della quale hanno cantato le lodi numerosi artisti di fama internazionale come Herbie Hancock, che le dedicò il nome di un celebre brano. Per descrivere il suo comportamento nella crisi degli esuli, Bono e compagni hanno citato una celebre frase di Martin Luther King: “La tragedia ultima non è l’oppressione e la crudeltà dei cattivi, ma il silenzio della buona gente”. Ma oltre al mondo dell’arte, diverse altre istituzioni britanniche hanno preso iniziative inedite per manifestare il loro disappunto. Il Comune di Oxford – per la prima volta nella sua lunga storia – tolse il mese scorso a Suu Kyi l’analogo “premio della Libertà” concesso nel lontano 1997, mentre il college di St. Hugh dell’università cittadina ha rimosso subito dopo il suo ritratto dalla sala principale. A settembre anche il secondo sindacato nazionale, Unison, sospese l’iscrizione onorifica concessa alla Lady per i suoi “meriti straordinari nelle lotte per la libertà e la giustizia”, e l’università di Bristol sta esaminando la richiesta di annullare una laurea honoris causa che le era stata concessa dal corpo accademico, mentre l’Unione degli studenti della London School of Economics ha chiesto di toglierle la presidenza onoraria della prestigiosa accademia. Da diverse parti è stato invocato anche l’annullamento del suo Nobel per la Pace, ma sarebbe la prima volta nella storia del premio e – qualcuno dice – un pericoloso precedente. Non sono pochi, infatti, i personaggi del passato contestati per le loro azioni non precisamente degne di un campione della pace.