Quattro anni dopo Capitol Hill, la democrazia non sa come difendersi dai tecnoligarchi

Ph. Filippo Attili / LaPresse

di Christian Rocca (linkiesta.it, 7 gennaio 2025)

Quattro anni fa, il 6 gennaio 2021, il presidente degli Stati Uniti uscente, sconfitto ampiamente alle urne, ha istigato un assalto armato e violento alle istituzioni democratiche americane per evitare che il Congresso certificasse il risultato elettorale, dopo aver provato invano a manipolare il conteggio dei voti. Anziché essere processato e condannato, com’è successo alla manovalanza che assalì per suo conto il Congresso, quel presidente defenestrato a furor di popolo l’ha fatta franca.

Ha continuato a inquinare i pozzi del dibattito pubblico con oscene fake news e, quattro anni dopo, è stato rieletto trionfalmente alla Casa Bianca. Ieri, 6 gennaio 2025, il Congresso si è riunito regolarmente per certificare il risultato elettorale del 5 novembre scorso. La vicepresidente uscente Kamala Harris, sconfitta da Donald Trump alle elezioni, ha presieduto serenamente i lavori del Senato anziché nascondersi negli scantinati di Capitol Hill come successe nel 2021 al vice di Trump, Mike Pence, inseguito dagli stessi trumpiani che lo volevano impiccare perché aveva scelto di rispettare la legge e disobbedire ai diktat del suo boss, il quale non aveva alcuna intenzione di lasciare la Casa Bianca.

Quattro anni dopo si può dire che la democrazia è stata presa d’assalto e alla fine ha prevalso, tutto bene quel che finisce bene; ma si tratterebbe di un’affermazione ingenua, che non tiene conto degli effetti permanenti di quell’attacco allo Stato di diritto e al principio di legalità. Lo Stato di diritto è una delle grandi, e recenti, invenzioni della civiltà occidentale, perché sottomette il funzionamento dell’apparato pubblico al rispetto della legge quale garanzia affinché chiunque possa godere degli stessi diritti ed essere protetto da un uso arbitrario del potere. In Inglese, Stato di diritto si dice “rule of law”, a comandare è la legge: un’espressione che aiuta a definire meglio il passaggio epocale che stiamo vivendo oggi dalla “rule of law” alla “rule of man”, da un sistema regolato da leggi a un sistema guidato da uomini; uomini spesso al di sopra della legge.

I populismi, i sovranismi, la diffusione delle tendenze autoritarie e la recente ascesa dei “broligarchi”, i miliardari compagnucci di calcetto che governano il mondo, sono il risultato dell’attacco alla democrazia rappresentativa cominciato proprio in Italia una decina di anni fa con il tentativo dei Cinquestelle di sostituirla con una forma ingannevole di democrazia diretta, tentativo respinto grazie alla totale incapacità del personale politico estratto a sorte dalla Casaleggio Associati. Elon Musk è un Casaleggio che ce l’ha fatta, anche perché è cresciuto nella melma violenta e reazionaria del Sudafrica dell’apartheid, non leggendo romanzetti di fantascienza della collana Urania.

La democrazia rappresentativa liberal democratica oggi deve certamente difendersi dai nemici esterni – Russia, Cina, Iran eccetera –, ma non può sottovalutare i sabotatori interni che si credono Dei onnipotenti e pensano di poter governare il mondo smontando lo Stato di diritto e affidandosi a un club monopolistico di sedicenti galantuomini. Il problema per le società occidentali è Elon Musk, ancora più di Donald Trump, come raccontano le cronache recenti, le campagne a favore dei nazisti tedeschi, le intemerate contro il governo britannico, il cospirazionismo schizofrenico, l’amplificazione dell’odio sul social proprietario, l’avvio di una guerra civile interna contro i derelitti del Make America Great Again, e proprio ieri la conferma su X di aver concluso affari privati intorno alla sicurezza nazionale italiana nonostante le smentite ufficiali del governo Meloni.

Anche su questo, come su quasi tutto il resto, sarebbe il caso di farsi spiegare dagli ucraini che cosa vuol dire affidare la sicurezza nazionale a Starlink. Gli ucraini, infatti, potrebbero raccontare di quella volta, all’inizio dell’invasione totale della Russia, che i droni sottomarini di Kyjiv stavano per affondare la flotta russa di stanza a Sebastopoli, da cui partivano quotidianamente i missili contro città e infrastrutture civili, salvo poi essere stati costretti ad abortire la missione perché Musk gli staccò Internet poco prima che colpissero le navi russe, e così i droni furono disarmati, e infine, rientrarono in sede.

Lo Stato di diritto sostituito dall’autoregolamentazione tecnopolitica degli oligarchi è uno scivolamento pericoloso da una società democratica, competitiva e capitalistica verso una forma di feudalesimo tecnocratico che minaccia la civiltà occidentale e ricorda il modo di operare delle cosche mafiose. Come sempre “Silicon Valley del populismo”, l’Italia ha inaugurato la stagione degli attacchi alla democrazia rappresentativa e ora, nella sua versione sovranista, si balocca con l’idea di finanziare un instabile ed estremista oligarca straniero per affidargli delicate questioni di sicurezza nazionale. Forse è il caso di preparare un antidoto, prima che sia troppo tardi.

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