di Alberto Infelise (lastampa.it, 18 dicembre 2024)
Marisa Paredes è sola sul palco, la luce è tutta su di lei, allarga le braccia verso il suo pubblico, lì davanti a lei, le stringe sul petto, si inchina, il pubblico piange e sorride tutto insieme, si alza in piedi e applaude. Marisa Paredes non c’è più. È morta ieri mattina presto, nell’ospedale Fundación Jiménez Díaz di Madrid per la complicazione di un problema coronarico. Eppure non morirà affatto. È stata una delle più grandi attrici degli ultimi cinquant’anni, ha definito con la sua recitazione acuta e asciutta, tagliente come una lama, la cinematografia di Pedro Almodóvar.
Ma è stata anche la voce instancabile della coscienza civile spagnola, di quella generazione che anche grazie alla Movida e a quel nuovo cinema è risorta dalle ceneri della dittatura fascista di Francisco Franco: «Quando ho partorito mia figlia Maria» aveva raccontato recentemente, «il dittatore stava per morire e io sentivo dentro la felicità per il fatto che questa mia bambina non avrebbe conosciuto l’orrore del fascismo. Nel 2021 è nata mia nipote e io ho iniziato a pensare che questa certezza questa bambina non la può più avere».
Nata a Madrid il 3 aprile 1946, figlia di una portiera, cresciuta a Plaza de Santa Ana, Marisa Parades non poté terminare gli studi e iniziò a lavorare presso il laboratorio di una sarta. La passione per la recitazione la spinse, all’inizio degli anni Sessanta, a cercare la sua via nei teatri e arrivò a portare sulle scene Ibsen, Shakespeare, Čechov e Camus. Al successo cinematografico arrivò relativamente tardi, grazie ad Almodóvar che la volle nel ruolo di suor Squallida in L’indiscreto fascino del peccato (1983).
Paredes è stata tra le grandi interpreti del cinema di Almodóvar, con lui ha recitato in altri cinque film (Tacchi a spillo, Il fiore del mio segreto, Tutto su mia madre, Parla con lei, La pelle che abito) personificando la più altera, la più tragica, la più complessa e inattesa delle chicas Almodóvar, quello straordinario gruppo di attrici che hanno creato con le loro interpretazioni il mondo così reale da diventare magico che il regista della Mancia continua a raccontare da più di quarant’anni: Carmen Maura, Rossy de Palma, Penélope Cruz, la meravilgliosa Chus Lampreave, Julieta Serrano. A ognuno di questi nomi corrispondono fiumi di emozioni, di luce e di buio, di battute straordinarie date come solo loro avrebbero potuto. Perché quello che Almodóvar ha creato è stato un mondo tutto nuovo, che prima non c’era, e senza queste attrici sarebbe stato impossibile da vivere e vedere, sarebbe rimasto sotto le ceneri putride della dittatura che tutto metteva a tacere e tutto umiliava.
«Prima della morte di Franco, nel 1975, non sapevamo nemmeno cosa volesse dire essere donne, senza la possibilità di votare, di aprire un conto in banca, di parlare liberamente. Solo dopo la sua morte abbiamo potuto scoprire questa cosa meravigliosa che chiamiamo libertà». Paredes di questa libertà che la Spagna ha potuto costruire e vivere è stata alfiera e paladina, ne è stata l’immagine forte e determinata, dura se era il caso di essere duri, materna quando era possibile e giusto esserlo, esplosiva nel suo sorriso largo e disarmante, lottatrice nelle mille occasioni in cui ha sentito di dover riprendere la lotta, fosse contro le nuove destre neofasciste insorgenti in tutta Europa e in Spagna in particolare o in favore della Palestina che giurò di non lasciare mai sola.
«È stata una notizia del tutto inaspettata. È come se mi fossi svegliato da un incubo e l’incubo fosse ancora lì» ha detto ieri, senza riuscire a trattenere la commozione, Pedro Almodóvar. «Nell’ultimo anno è stata l’immagine stessa della vitalità, protagonista di mille manifestazioni e lotte sociali legate al momento drammatico che vivono la società spagnola e mondiale. Marisa è un’attivista molto presente: fin dagli anni Settanta è stata una meravigliosa donna di sinistra e fortunatamente non ha mai smesso di esserlo. In Il fiore del mio segreto la sua interpretazione ha scavato a fondo nel significato di chi fossimo io, mia madre, il popolo e il ritorno al popolo, tutto quello che identifico con La Mancia e le mie origini».
Commossa, anche Penélope Cruz ha commentato: «Mia amata Marisa, ti voglio bene. Eri una donna amica delle donne, che appoggiava le donne, intelligente, sensibile. Era sempre lei: e lei era molto speciale». Così come Antonio Banderas: «Se ne va un’amica con la quale ho condiviso moltissimi momenti molto belli». Marisa Paredes è stata l’immagine complessa e irriducibile delle donne spagnole che risorgevano e riconquistavano la loro voce, un universo intero dentro un’attrice, la storia stessa di un Paese e della sua identità. L’eredità che lascia si chiama libertà.