Tony Effe, il Campidoglio e il valore politico del tempo libero

di Enrico Loprevite (huffingtonpost.it, 20 dicembre 2024)

Tony Effe torna con un nuovo tormentone. Stavolta non è la hit dell’estate, ma il caso del concerto di Capodanno nella Capitale. Breve riepilogo delle puntate precedenti: Alessandro Onorato, assessore ai grandi eventi, sport e moda al Comune di Roma, decide di ingaggiare Mahmood, Mara Sattei e il trapper di Rione Monti, noto per i suoi testi violenti e sessisti. All’annuncio si scatenano le critiche da ogni parte politica.

E il sindaco Roberto Gualtieri ritira l’invito per Tony, poiché troppo divisivo, rivendicando il carattere inclusivo della manifestazione, che mostra un’evidente contraddizione in termini: per unire le persone è davvero necessario escluderne altre? Ed è proprio ciò che ribadiscono tutti gli artisti – dai colleghi Lazza e Kid Yugi, fino ad arrivare a Emma e Vasco Rossi – dando il proprio supporto a Tony Effe e gridando “stop alla censura!”. Poi, lo scacco matto finale: Mahmood e Mara Sattei comunicano che neanche loro si esibiranno per solidarietà nei confronti del performer, il quale, poco dopo, annuncia “il suo concerto di Capodanno” al PalaEur, mentre il palco del Circo Massimo resta deserto.

Premettendo che non impazzisco artisticamente per il protagonista, la vicenda secondo me solleva delle questioni molto interessanti. Innanzitutto non credo si possa parlare a tutti gli effetti di censura, bensì di un goffo tentativo di recuperare uno scivolone. Piuttosto, ciò che fa davvero riflettere è la strumentalizzazione dell’espressione artistica (qualsiasi essa sia) in funzione del consenso. È chiaro come l’unico motivo che ha spinto Onorato a scegliere Tony Effe sia la sua incredibile audience, non il contenuto dei brani.

Se si trattasse di un imprenditore che vuole svoltare commercialmente la serata nel suo locale, questo tipo di approccio risulterebbe discutibile ma non condannabile; però, dal momento che l’organizzatore è un Comune promotore di visioni e principi ben precisi, mi chiedo come sia possibile non aver previsto le polemiche e soprattutto non aver ragionato sulla legittimazione politica di tale scelta. La risposta è semplice: non c’è alcun movente politico a giustificare la preferenza per un Tony Effe o per una Laura Pausini, solo l’intenzione di seguire un trend di mercato per ottenere approvazione.

E se poi l’approvazione non arriva che si fa? Semplicemente si cancella l’ospite con uno “scusate, ci siamo sbagliati!”. Anche in questo caso, non ci vuole un esperto di comunicazione per comprendere che l’operazione offre il fianco al proprio “rivale” per ribaltare la situazione a suo favore (cosa che è successa con l’annuncio del “Capodanno di Tony” al PalaEur).

Finché le istituzioni non comprenderanno il valore politico del tempo libero, non penso si riuscirà a costruire una politica culturale seria in questo Paese. Residui di “berlusconismo” (per non andare troppo indietro nel tempo) utilizzano lo svago come strumento di propaganda. Chi si unisce al dibattito, prende posizione, commenta e pontifica non fa altro che gettare fumo negli occhi a un pubblico bramoso di conoscere chi sarà il vincitore della vicenda. Nessuno: hanno perso tutti, i cittadini romani in primis.

Chiudo con una piccola riflessione sul contenuto delle canzoni trap. Da sostenitore della provocazione e del politicamente scorretto, mi sento di dire che un conto è fare testi misogini e sessisti per presentare e attaccare i codici di un modello di società; altra storia è se quello stesso modello viene celebrato con una mascolinità altamente problematica. Fabri Fibra nel 2013 venne escluso dal concerto del Primo Maggio con le stesse accuse mosse oggi a Tony Effe. Al tempo Fibra aveva pubblicato un album dal titolo inequivocabile (Controcultura), in cui denunciava un sistema di intrattenimento basato, tra le altre cose, sulla mercificazione del corpo e del ruolo femminile. Oggi Tony Effe non mi sembra che abbia esattamente la stessa sensibilità e critica artistica, ma potrei sbagliarmi.

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