(ilpost.it, 6 dicembre 2024)
Ymca, il tormentone che il gruppo dance statunitense dei Village People pubblicò nel 1978, divide da sempre chi l’ascolta in due fazioni: da un lato c’è chi la considera una canzone conviviale e fondamentalmente innocua, e che si lascia coinvolgere dal suo ritornello senza farsi troppe domande; dall’altro chi la reputa pacchiana, eccessiva e di pessimo gusto, e tremendamente fastidiosa anche e soprattutto per il balletto che puntualmente l’accompagna. Le vie di mezzo sono rare.
Per la maggior parte della sua storia, in ogni caso, tutti hanno attribuito a Ymca una connotazione politica molto precisa, considerandola una delle canzoni più rappresentative della comunità gay americana e il simbolo di un certo modo libertino d’intendere la vita e le relazioni. Negli ultimi quattro anni, però, la canzone è stata oggetto di una riconsiderazione critica, e ha ottenuto un certo successo anche negli ambienti conservatori. È accaduto soprattutto perché Donald Trump, il presidente eletto degli Stati Uniti, l’ha utilizzata moltissimo durante occasioni pubbliche.
Nel 2020, quando tornò a farsi vedere dopo l’isolamento dovuto alla contrazione del Coronavirus, Trump ballò spesso sulle note di Ymca durante i comizi della campagna elettorale. Si trattava fondamentalmente di una questione di comunicazione: ballare era un modo per dimostrare di essere tornato in piena salute dopo la malattia, e Ymca era la canzone perfetta per coinvolgere gli elettori. Trump ha usato Ymca anche durante l’ultima campagna elettorale, facendola ascoltare alla fine di quasi tutti i suoi comizi e ballandola con delle movenze tutte sue, che consistono nel far andare avanti e indietro le braccia e ondeggiare le anche, mentre i piedi restano fermi: la cosiddetta “Trump dance”.
Qualche giorno fa Victor Willis, il membro dei Village People che scrisse il testo della canzone, ha detto che negli ultimi quattro anni ha ricevuto «più di mille reclami» da parte di fan irritati da un utilizzo così esteso di Ymca da parte di Trump, ma che dal suo punto di vista queste contestazioni hanno poco senso, perché la canzone «non è per niente un inno gay, come certa gente afferma». Willis ha spiegato che questa convinzione «si basa sul fatto che il mio coautore [Jacques Morali] era gay, e anche alcuni (ma non tutti) i Village People». Secondo Willis Ymca dovrebbe essere considerata una canzone pensata per «gente d’ogni tipo, anche il presidente eletto Donald Trump».
Willis ha raccontato anche che, nel 2020, aveva chiesto a Trump di smettere di utilizzare la canzone, ma che non ci riuscì perché lo staff della sua campagna elettorale aveva ottenuto il permesso di usarla dalla Bmi (Broadcast Music, Inc.), un’associazione statunitense che si occupa della protezione del diritto d’autore. Aveva anche pensato di presentare un reclamo alla Bmi; ma poi rinunciò, anche perché infastidito dall’atteggiamento dei molti musicisti e gruppi che avevano fatto causa a Trump per violazione del copyright.
«Un giorno ho detto a mia moglie: “Trump sembra apprezzare davvero Ymca, e si sta divertendo molto. Non ho il coraggio d’impedirgli di continuare a usarla”», ha detto. Willis ha anche ammesso che Trump ha dato «notevoli benefici» a Ymca, che, «anche grazie al presidente eletto», ha raggiunto il primo posto nella classifica dei singoli di Billboard, popolare rivista musicale americana.
Ymca uscì nel 1978: i Village People erano diventati un fenomeno di costume già da qualche mese, in parte grazie al successo dell’album Macho Man, e in parte grazie a un’estetica di grande impatto, frutto di un’intuizione dei produttori Jacques Morali e Henri Belolo. Il loro obiettivo era creare una band che potesse intercettare i gusti della comunità omosessuale americana, e per farlo decisero che i membri dei Village People avrebbero dovuto rappresentare un certo tipo di mascolinità ipertrofica e disinibita.
I vestiti indossati dai membri del gruppo declinavano in questo senso alcuni archetipi radicati nell’immaginario cinematografico: quelli del cowboy, del poliziotto, del motociclista, dell’operaio, del marinaio e del nativo americano. Quando avviarono le selezioni per far parte della band, Belolo e Morali pubblicarono su alcune riviste americane un annuncio piuttosto stringato: «Cercasi macho. Deve saper ballare e avere i baffi». Oltre alla cura dell’immagine, i Village People si distinsero anche per un modo di scrivere le canzoni ironico, pieno di doppi sensi e metafore che in quasi tutti i casi avevano a che fare col sesso.
Il titolo della canzone è un riferimento alla Young Men’s Christian Association (il cui acronimo è Ymca, per l’appunto), un’organizzazione cristiana ecumenica fondata a Londra nel 1844 caratterizzata da un certo spirito missionario. Sin dalla sua fondazione, la Ymca costruì alloggi e strutture ricreative in tutto il mondo, diretti alle persone, soprattutto uomini bianchi provenienti da aree rurali, che si trasferivano nelle grandi città in cerca di lavoro.
Come ha scritto la docente di Women’s History dell’Università di Miami Caryn E. Neumann, già agli inizi del XX secolo gli alloggi della Ymca diventarono funzionali a uno scopo diverso da quello per cui erano stati costruiti, trasformandosi in «dei paradisi popolari per gli uomini che volevano fare sesso con altri uomini». Il testo di Ymca enfatizza in maniera piuttosto palese proprio questo aspetto: racconta che «stare nella Ymca è molto divertente», perché permette ai «giovani uomini» di «trovare molti modi per divertirsi».
La canzone ebbe fin da subito un successo enorme, diventando una presenza fissa nelle discoteche e consacrandosi come un efficacissimo ballo di gruppo. La coreografia, infatti, è piuttosto semplice, ed è conosciuta in tutto il mondo soprattutto per la celebre sequenza di movimenti di braccia del ritornello, che riproduce proprio le lettere Y, M, C e A. La coreografia non fu creata direttamente dai Village People, ma dal corpo di ballo del programma statunitense American Bandstand, condotto da Dick Clark.
Negli anni, Willis ha negato in più occasioni che Ymca contenesse riferimenti omoerotici, alienandosi parte delle simpatie della comunità gay americana. A questo proposito, la scrittrice Alice Echols ha evidenziato che «[Willis] ha accettato di nascondere la sensualità della canzone, che sembra una precondizione della rappresentazione gay maschile nella cultura pop».