di Silvia Renda (huffingtonpost.it, 10 dicembre 2024)
Su TikTok Shop è possibile acquistare un maglione natalizio particolare. Su uno sfondo verde, tra due renne tratteggiate di bianco, è disegnata una bilancia, simbolo della Giustizia. Sotto una schiera di alberi di Natale e fiocchi di neve appare la scritta: “Deny. Depose. Defend”. È la stessa che si trova sui cappelli, in vendita su Amazon per quindici dollari. La stessa che appare su portachiavi, tazze, custodie per telefoni, spille, collane, decorazioni per l’albero di Natale, magliette e felpe, acquistabili su eBay, Etsy e Temu.
La scelta grafica può variare. Al posto della bilancia, in alcuni casi è presente una ghigliottina, in altri l’immagine di un uomo che impugna una pistola per colpirne un altro alle spalle. Tutti questi prodotti non esistevano fino a qualche giorno fa e dietro a tutti questi prodotti c’è la stessa intuizione di marketing: cavalcare l’odio contro il sistema assicurativo sanitario statunitense, esploso dopo l’omicidio del ceo di United Healthcare Brian Thompson, permettendo alle persone di sostenere pubblicamente il suo assassino.
Thompson è stato ucciso questo martedì, mentre si stava dirigendo verso l’Hilton Hotel Midtown di Manhattan. A pochi giorni dalla fuga, è stato arrestato il suo assassino: Luigi Mangione, 26 anni, ex studente brillante, apparentemente in cerca di vendetta. Secondo le ricostruzioni riportate sulla stampa, il ragazzo era rimasto scioccato per come era stato trattato un parente malato dalle assicurazioni sanitarie. Una teoria che era emersa già prima della cattura, a causa di un indizio.
I proiettili utilizzati per ferire a morte il manager portavano incise le scritte “Deny, Depose, Defend” (Negare, Deporre, Difendere), interpretate come un riferimento al libro Delay, Deny, Defend: Why Insurance Companies Don’t Pay Claims and What You Can Do About It, in cui il giurista della Rutgers University Jay Feinman aveva analizzato nel 2010 come le compagnie assicurative negli Stati Uniti sistematicamente ritardino, neghino o difendano in tribunale il pagamento di legittimi risarcimenti per massimizzare i profitti a danno dei consumatori.
La frase incisa sui proiettili che hanno ucciso un uomo nel centro di Manhattan è diventata il simbolo della rabbia contro il sistema sanitario nazionale statunitense. Il proprietario di chudly.com ha raccontato al Washington Post di aver venduto in dodici ore sei cappelli “Deny. Defend. Depose” per 25 dollari su Amazon, prima di ricevere un’e-mail dalla piattaforma di e-commerce che lo invitava a rimuovere l’inserzione perché violava le linee guida dell’azienda. Amazon ha rimosso la merce dopo essere stata contattata per un commento dal The Washington Post.
Ma, aldilà di come andranno le vendite dell’oggettistica ispirata all’omicidio, l’odio nei confronti delle imprese di assicurazione era già emerso in Rete. Il post di cordoglio della United Healthcare era stato tempestato di messaggi di sostegno all’assassino e su tutte le piattaforme social sono iniziate a circolare le terribili testimonianze di chi aveva dovuto fare i conti con lo spietato sistema sanitario statunitense.
«Sono contraria alla violenza, quest’uomo era un padre di famiglia e nessuno merita ciò che gli è accaduto. Però voglio raccontare una cosa» dice una donna in un filmato su TikTok, tra i più cliccati sul tema. «Ero incinta di nove mesi, seduta in pronto soccorso con mio figlio di un anno, gli era stato diagnosticato un gigantesco tumore al cervello. Ha atteso tre giorni in ospedale. Doveva essere trasferito negli Stati Uniti per essere sottoposto a un intervento chirurgico d’urgenza, ma United Healthcare ha rifiutato di pagare il trasferimento in ambulanza. Io ero pronta a mettermi in macchina, per accompagnarlo personalmente. Ma la United Healthcare ha affermato che se non fossimo rimasti in quell’ospedale, non avrebbero coperto le cure nel prossimo. Non ho dubitato un secondo su quale fosse il movente del sospettato».
Il sistema sanitario americano è principalmente privato. Questo significa che spetta ai singoli cittadini provvedere a un’assicurazione sanitaria, che potrà intervenire quando sarà necessario pagare le cure. Senza assicurazione, il cittadino deve sborsare di tasca propria il denaro per ogni singola prestazione medica che prevede cifre per molti proibitive. Per fare un esempio, una visita al pronto soccorso costa intorno ai 1.400 dollari, un viaggio in ambulanza circa 2mila. Il motivo per cui questo modello è stato scelto, è dettato dalla convinzione che una concorrenza di mercato possa migliorare le prestazioni sanitarie. Ma se è vero che dagli Stati Uniti arrivano spesso le principali novità nel campo della ricerca, è altrettanto vero che il suo sistema sanitario risulta tra i più costosi e iniqui.
Le assicurazioni stipulate dai singoli cittadini comportano una spesa media di 500 dollari al mese, ma i costi sono legati a numerose variabili. Una salute compromessa porterà a prezzi assicurativi maggiori. Per questo cercare di stipulare una polizza assicurativa dopo una diagnosi, ad esempio di cancro, può risultare ancora più dispendioso. Sobbarcarsi da soli tutte le spese per eventuali terapie e interventi può essere, per alcuni, impossibile. Molte famiglie si sono indebitate nel tentativo di far fronte a spese mediche, altri hanno rinunciato alle cure. Settantanove milioni di americani hanno debiti medici, alcuni hanno dichiarato bancarotta.
Esistono programmi pubblici, ma solo alcuni possono beneficiarne. Medicare è il programma nazionale di assistenza agli anziani ultrasessantacinquenni, indipendente dal reddito. Medicaid è un programma gestito dai singoli Stati (con un contributo federale che copre il 60% delle spese) ed è rivolto ad alcune fasce di popolazione a basso reddito (famiglie con bambini, donne in gravidanza, anziani e disabili). Nel 2010 Barack Obama ha promosso la riforma Affordable Care Act, meglio conosciuta come Obamacare, per venire incontro alle categorie escluse da Medicare e Medicaid: i disoccupati, i precari, le persone con stipendi bassi e i cittadini affetti da patologie particolari. È una riforma che ha ricevuto numerose critiche e che è stata accusata di non aver fatto comunque abbastanza.
Nel 2022 una fondazione privata specializzata in politiche sanitarie, la Commonwealth Fund, ha condotto un’indagine, interrogando 7.873 adulti di età compresa tra i 19 e i 64 anni. Agli intervistati è stato chiesto se a causa delle assicurazioni sanitarie avessero ritardato o rinunciato a curarsi, difficoltà a sostenere i costi, contratto debiti e qual è stato l’impatto sulla loro vita. Uno su due ha risposto di avere difficoltà a sostenere i costi dell’assistenza sanitaria. Almeno un terzo degli adulti assicurati, dice la ricerca, è obbligato per motivi economici a ritardare o a rinunciare a cure e farmaci.
L’indebitamento è più spesso determinato da cure per gestire malattie croniche. Fra coloro che ritardano o saltano le cure, più della metà degli intervistati riconosce che la patologia di cui soffre è peggiorata. I debiti infine impongono risparmi sugli stessi bisogni primari, quali cibo, riscaldamento e affitto: i due quinti con un debito sanitario ammette di aver tagliato queste spese, un quarto si è invece sobbarcato un secondo lavoro o più ore lavorative durante la settimana.
Ma la rabbia contro le assicurazioni private nasce anche da altro. Molti utenti dei social media hanno condiviso un grafico del sito Web finanziario ValuePenguin che mostrava come United Healthcare abbia il tasso di rifiuto delle richieste di risarcimento più alto tra le principali compagnie assicurative. Secondo un’indagine fatta l’anno scorso da ProPublica, le compagnie assicurative americane rifiutano in media una richiesta di cure ogni sette. Le compagnie assicurative, cercando di massimizzare i profitti, negano ai pazienti i pagamenti, appellandosi a cavilli.
Ci sono trattamenti non coperti, ospedali ai quali ci si affida che non sono compresi nel network, o alcune prestazioni mediche non sono rimborsate perché ritenute non necessarie, nonostante il parere contrario del dottore che le prescrive. Commentando il caso Thompson su TikTok, un’utente ha scritto: «Sono un’infermiera del pronto soccorso e le cose che ho visto negare ai pazienti morenti dall’assicurazione mi fanno stare male fisicamente. Non riesco proprio a provare simpatia per lui a causa di tutti quei pazienti e delle loro famiglie».
Il New York Times scrive che circa 29 milioni di persone restano comunque prive di un’assicurazione sanitaria. Al quotidiano Stephan Meier, presidente della divisione di gestione della Columbia Business School, ha così commentato la rabbia esplosa sui social: «Il settore assicurativo non è il più amato, per usare un eufemismo. Se fossi un dirigente di alto livello di un’altra compagnia assicurativa, penserei, cosa significa questo per me? Sarò il prossimo?».