di Nina Verdelli (vanityfair.it, 28 giugno 2024)
Nessun dibattito presidenziale come quello tra Biden e Trump, andato in onda ieri notte sulla Cnn, ha suscitato più curiosità per la forma che per il contenuto. Sarà che i due candidati, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e l’ex presidente Donald Trump, sono arcinoti, così pure le loro posizioni su aborto, immigrazione e politica estera. E persino i loro mantra («Trump è un bugiardo», sottolinea a più riprese Biden) e le loro sparate («Biden è il peggiore presidente di sempre», ripete a sfinimento Trump).
Quello che ha suscitato maggior interesse, ieri, è stata la condizione di salute dei due candidati. I più anziani della storia: 78 anni Trump, 81 Biden, sulla cui lucidità mentale e prontezza fisica si sprecano le speculazioni. Ne abbiamo parlato con il professor Giovanni Frisoni, neurologo e direttore del Centro della memoria di Ginevra, che ha guardato il dibattito con noi sul canale Nove e, prima di pronunciarsi, fa due premesse: «Non mi avventurerò in una diagnosi, cosa che richiederebbe approfondite analisi cliniche: mi limiterò a osservare comportamenti che sono sotto gli occhi di tutti. E prescinderò dalle mie opinioni politiche personali». Affare fatto.
- Il cambiamento
«Rispetto ai dibattiti affrontati nella campagna elettorale precedente, i due candidati sono cambiati. L’atteggiamento di Trump si è evoluto rispetto al passato. Sembra che abbia imparato dagli errori: se nel 2020 era aggressivo e prevaricatore, stanotte ha modulato il comportamento in senso adattivo. Per opportunità politica, certo, però lo ha fatto. Sicuramente ha beneficiato delle regole del dibattito, come lo spegnimento del microfono quando non era il suo turno di parlare, ma si è comunque dimostrato in grado di mantenere la calma. Biden, invece, è per natura portato a modi civili e urbani, ma si è rivelato un’altra persona rispetto a quattro anni fa, quando era più reattivo alle provocazioni dell’avversario, nelle parole e nelle espressioni facciali. Ieri aveva lo sguardo attonito, gli occhi sbarrati che non ammiccano, le labbra semi aperte, raramente ha abbozzato un sorriso e, le poche volte in cui lo ha fatto, il sorriso era spesso tirato solo dalla parte destra della bocca».
- Gli stupefacenti
Prima ancora che il dibattito avesse inizio, Trump aveva sollevato il sospetto che Biden avrebbe dovuto assumere stupefacenti per reggere un’ora e mezza di faccia a faccia con lui. Secondo il professor Frisoni, «durante il programma non c’è stato segnale di stanchezza, di sudorazione e nemmeno di assunzione di farmaci per migliorare la performance. Anzi, qualora Biden li avesse presi, oserei dire che non hanno fatto tanto effetto».
- La voce e il raffreddore
«Mentre Trump è stato il solito Trump, solo un po’ più disciplinato, Biden ha parlato a voce bassissima, talvolta difficile da udire. La campagna elettorale si è affrettata a giustificare la cosa con un raffreddore, ma basta comparare la prestazione di ieri sera con il discorso certamente più brillante che ha tenuto pochi mesi fa durante lo Stato dell’Unione per capire che il presidente ha delle fluttuazioni. In altre parole, posto che la vera causa dell’abbassamento della voce sia stata un raffreddore o un’influenza, questi devono aver agito su una costituzione già fragile per provocare una performance così scadente».
- La pertinenza delle risposte
«Non serve un esperto di fact checking per smentire la maggior parte delle affermazioni di Trump: dall’assunzione della responsabilità per i fatti del 6 gennaio 2021 da parte di Nancy Pelosi al negare la relazione con la pornostar Stormy Daniels. Il candidato repubblicano ha riproposto il copione di sempre, un copione in cui i fatti sono elementi incidentali quando non una scocciatura. Molte volte ha anche tentato di evitare di rispondere a domande specifiche, come quella se accetterà o meno il risultato delle elezioni, costringendo i giornalisti a sollecitarlo. Biden, da questo punto di vista, invece, non ha fatto male: ha risposto con prontezza e, in un paio di situazioni, anche in modo molto pungente. In merito alla sconfitta elettorale, gli ha detto: “You’re a whiner. You can’t stand a loss; something snapped in you when you lost last time” [ovvero, “Sei un lamentoso. Non sopporti la sconfitta; l’ultima volta che hai perso, ti sei proprio perso – N.d.R.]. Peccato solo che il messaggio verbale non sia stato rafforzato dal messaggio non verbale».
- Il linguaggio
«Mentre la logica di Biden tiene, la fluidità delle sue scelte lessicali è compromessa. Il candidato democratico ha incespicato numerose volte, non riusciva ad articolare bene le parole, ha confuso la Prima guerra mondiale con la Seconda, miliardi con trilioni. Spesso ha esitato alla ricerca del termine giusto per esprimere un concetto».
- I gesti
«Nessun segno di tremore in Biden. È vero piuttosto il contrario, ha mostrato una certa rigidità: non gira mai il capo a destra o a sinistra, muove tutto il busto e piuttosto lentamente, quando cammina le braccia non stanno fluide lungo il corpo ma flesse». Se, per curiosità, facessimo un esperimento e provassimo a chiedere a ChatGpt: «Che problema ha un uomo di 81 anni che da 4 ha cominciato a sviluppare lentezza nell’andatura e nei movimenti, inciampa mentre cammina, ha la voce bassa, lo sguardo fisso, le braccia flesse quando è in piedi e un’oscillazione ridotta delle braccia mentre cammina?», ChatGpt risponderebbe: «I sintomi che hai descritto sono tipici della malattia di Parkinson, una condizione neurodegenerativa che influisce sul controllo dei movimenti». Frisoni commenta: «Non possiamo dire che il presidente abbia il Parkinson perché per una tale diagnosi sono necessari esami specifici, ma i sintomi sono riconducibili a una sindrome parkinsoniana».
- Le menzogne
«Mentre Biden si è dimostrato coerente e ragionevole nei contenuti, Trump, come al solito, le ha sparate veramente grosse e senza dimostrare vergogna alcuna. Io in lui non ho rilevato alcun sintomo di malattia del sistema nervoso centrale legata all’invecchiamento, ma credo che il fatto che abbia un tipo di personalità “particolare” sia sotto gli occhi di tutti. Per analizzare il suo caso dovremmo uscire dal campo della neurologia. Ed entrare in quello della psichiatria».