(ilpost.it, 10 maggio 2024)
Nonostante abbia recitato solo in cinque film e in una serie televisiva, il maestro di arti marziali Bruce Lee è da oltre cinquant’anni una delle figure più riconoscibili del XX secolo e un fenomeno “pop” di culto. Nel mondo ci sono tre statue molto famose dell’attore (più molte altre “minori”): due sono in luoghi che hanno segnato la sua vita e la sua fortuna cinematografica, Hong Kong e Los Angeles; la terza in un posto che non ha legami diretti con Lee, Mostar, in Erzegovina (la regione più meridionale della Bosnia ed Erzegovina).
In realtà la statua di Bruce Lee nel Parco Zrinjski di Mostar, la prima ad essere eretta, da un paio di mesi non c’è più: un uomo l’aveva rubata e fatta a pezzi, e al momento non si sa quando potrà tornare al suo posto. Bruce Lee era stato scelto nel 2005 come simbolo di unità in una città che faticava a trovarne altri condivisi, ma la storia della sua statua è stata comunque complessa, anche prima dell’ultimo furto. Dopo la prima inaugurazione, rimase al suo posto solo un giorno e una notte prima di essere vandalizzata. Mentre sono durate a lungo le discussioni su quale parte della città il Bruce di bronzo dovesse guardare, prima di trovare una soluzione di compromesso.
Mostar è stata una delle città simbolo della guerra in Bosnia ed Erzegovina, iniziata nel 1992 dopo la dissoluzione della Jugoslavia. Quando la Repubblica della Bosnia ed Erzegovina dichiarò la secessione, il territorio bosniaco era abitato da tre principali gruppi di etnia e religione diverse tra loro: i bosniaci musulmani, i croati cattolici e i serbi ortodossi. Mostar fu assediata e bombardata dai serbi nel 1992: inizialmente, croati e bosniaci combatterono insieme e riuscirono ad allontanare il nemico comune serbo. Dal 1993, croati bosniaci e musulmani bosniaci (anche chiamati bosgnacchi) entrarono in conflitto: a Mostar i primi occupavano la parte occidentale della città, i secondi quella orientale.
Le due metà della città, divise dal fiume Neretva, erano unite fin dal 1557 dallo Stari Most, il Ponte Vecchio, costruito con 456 blocchi di pietra bianca dall’architetto ottomano Hajrudin Mimar: la sua distruzione divenne uno dei simboli degli orrori della guerra nell’ex Jugoslavia. Oggi il ponte è stato ricostruito e la zona centrale di Mostar è diventata un luogo turistico, pieno di bancarelle di souvenir. Dal ponte, aspiranti tuffatori attendono di raccogliere sufficiente denaro dai turisti prima di lanciarsi. La città, però, resta molto divisa dal punto di vista etnico e religioso e lo è dalla fine della guerra, trent’anni fa.
All’inizio degli anni Duemila si decise la costruzione di un monumento nella piazza centrale di Zrinjski, che desse un segnale di unità in vista di un futuro diverso, lontano dalle divisioni belliche. In città monumenti, palazzi e nomi delle vie erano stati (e in parte lo sono ancora) oggetto di tensioni e rivendicazioni nazionaliste o etniche che hanno portato anche ad atti di vandalismo. Non trovando una figura storica che unisse le varie componenti della popolazione, il Mostar Urban Movement, un’organizzazione giovanile non profit, propose Bruce Lee.
Lee non aveva avuto alcun legame con serbi, croati o musulmani ed era visto come un «simbolo universale della lotta contro le ingiustizie», ma anche di «lealtà, abilità, amicizia e giustizia». Nino Raspudić e Veselin Gatalo, i due promotori dell’iniziativa, dissero: «Rappresenta il bene che vince. Noi saremo sempre bosgnacchi, serbi o croati: ma una cosa che abbiamo tutti in comune è Bruce Lee». Lee era stato molto popolare negli anni Ottanta e Novanta in Jugoslavia, e le arti marziali stavano vivendo un momento di grande popolarità in Bosnia ed Erzegovina e Croazia.
Il Mostar Urban Movement raccolse quasi 5mila euro in donazioni, anche dal governo tedesco e dall’ambasciata cinese, e fece realizzare la statua dallo scultore croato Ivan Fijolić. Il primo problema fu deciderne l’orientamento: la posa minacciosa e pronta al combattimento di Lee fu considerata una possibile “provocazione” da musulmani e croati. Nessuno voleva che guardasse in modo bellicoso verso la propria parte della città, potendo essere così interpretato come un difensore dell’altra. Raspudić e Gatalo decisero infine che sarebbe stata orientata verso Nord e avrebbe, quindi, guardato verso una zona neutra.
Fu inaugurata il 26 novembre 2005, un giorno prima di quello che sarebbe stato il 65° compleanno di Lee (morto a 32 anni), e soprattutto un giorno prima di un’altra inaugurazione, quella della statua con lo stesso soggetto di Hong Kong. All’inaugurazione erano presenti rappresentanti del governo tedesco e dell’ambasciata cinese, e molti appassionati di kung-fu locali. La festa non durò molto: dopo appena un giorno la statua fu vandalizzata, fu rimossa per essere restaurata e tornò al suo posto solo otto anni dopo, nel 2013. A parte qualche piccolo incidente, da allora ha vissuto anni di “pace”, diventando un’apprezzata attrazione per un numero crescente di turisti, per lo più sorpresi di trovare a Mostar un tributo a un personaggio che appariva così fuori contesto. Nel 2007, a Zitiste, in Serbia, aveva anche ispirato un’operazione simile, un monumento a Rocky, il protagonista della serie di film di Sylvester Stallone.
Il 3 marzo di quest’anno però la statua è scomparsa, portata via durante la notte: quella zona del parco è videosorvegliata, come molte altre aree considerate sensibili a Mostar. Inoltre, per portarla via era stato necessario usare un furgoncino: è alta 168 centimetri, 4 in meno dell’altezza reale di Bruce Lee. Nel giro di qualche giorno la polizia ha individuato l’autore del furto e lo ha arrestato, ritrovando nella sua abitazione anche la statua fatta a pezzi. È un abitante di Mostar di 46 anni: la polizia ritiene che l’obiettivo fosse fondere il bronzo del monumento per rivenderlo.
Nel parco resta la base della statua, utilizzata da alcuni turisti per scattare foto in posa “alla Bruce Lee”. Le autorità locali non hanno fatto ipotesi sui tempi di un possibile recupero del monumento. Intervistato da Radio Free Europe, Gatalo, uno dei promotori della costruzione, ha detto: «Non è un dramma, la statua era solo un oggetto. Quello che conta è l’idea».