Il rock accoglie Trump con preoccupazione: «Restiamo uniti!»

Nel giorno dell’insediamento del nuovo Presidente Usa, Arcade Fire, Gorillaz e John Mellencamp pubblicano canzoni politiche, più tristi che arrabbiate

di Piero Negri (lastampa.it, 20 gennaio 2017)

Nel giorno dell’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca, il mondo del rock prende una posizione piuttosto decisa su quanto sta accadendo in queste ore a Washington e su quanto potrà accadere nel mondo nei prossimi anni.arcade-fire-mavis-staplesMa più che rabbia o opposizione, spira un’aria di preoccupazione e timore, almeno a giudicare da tre canzoni pubblicate – non a caso – tra ieri e oggi.

I canadesi

Gli Arcade Fire, canadesi di Montréal, si uniscono alla cantante Mavis Staples per I Give You Power, accompagnata, su Twitter e tutti i media, più o meno social, da una frase semplice e non troppo retorica: «Non è mai stato così importante rimanere uniti e prendersi cura gli uni degli altri». La data d’uscita dà un’interpretazione molto precisa all’operazione, come la postilla: tutti i diritti saranno devoluti all’American Civil Liberties Union.

Gli inglesi

I Gorillaz, inglesi, tornano dopo sei anni con un singolo in cui la voce la mette Benjamin Clementine: il titolo è Hallelujah Money, il video è dell’italiano Giorgio Testi, che dal 2004 vive a Londra. Su YouTube si dissipa ogni dubbio sul significato della canzone e sulla scelta di questo giorno per uscire dopo tanto tempo: «I Gorillaz tornano dopo sei anni con questo video apocalittico, primo assaggio di un album che arriverà più avanti nell’anno. La band ha deciso di uscire alla vigilia dell’Inaugurazione del Presidente eletto Donald Trump per poter così commentare questo momento storico e politicamente rilevante».

L’americano

Il rocker John Mellencamp, 65 anni vissuti intensamente, adotta una vocalità alla Tom Waits per Easy Target, che lui stesso definisce «una riflessione sullo stato del nostro Paese». Mellencamp è stato il più ispirato cantore dell’America profonda della provincia e delle piccole città. La città questa volta si chiama «Sucker Town» (città di idioti): siamo tutti bersagli facili, è il senso del testo, soprattutto lo è chi appartiene alle minoranze e agli strati più poveri della popolazione.

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