Trump, il mondo della moda in subbuglio. Wintour grande sconfitta

La direttrice di Vogue America dedica la copertina di dicembre a Michelle Obama. Ma non è la sola a essere rimasta delusa dall’esito delle elezioni Usa

di Eva Desiderio (quotidiano.net, 13 novembre 2016)

La donna più potente della moda americana (e non solo), Anna Wintour, per ora tace ma agisce. È lei una delle grandi sconfitte nella nuova era del neoeletto presidente Donald Trump, e con lei molti del mondo del fashion internazionale che parlano apertamente di elezione “devastante” e postano statue della libertà in lacrime e bandiere americane listate a lutto.michelle-o_vogueamericaEd ecco la copertina del numero di dicembre di Vogue America che racconta lo stato d’animo battagliero e nostalgico di Wintour, tutta dedicata alla first lady uscente Michelle Obama, in abito lungo candido che esalta braccia inusualmente snelle e quasi gracili certo dovute ai “complimenti” del ritocco. Wintour si schiera ancora una volta, prima per Hillary con tante dichiarazioni e lo sfoggio della t-shirt propagandistica disegnata per la candidata dem da Marc Jacobs, ora per Michelle alla sua terza uscita in cover sul femminile più autorevole del mondo, con lo scatto d’arte di Annie Leibovitz (la stessa che per l’uscita di ottobre ha immortalato la famiglia Renzi al completo nella casa di Pontassieve per una intervista esclusiva al nostro premier) e l’abito di Carolina Herrera. Bel colpo, senza dubbio, che dimostra ancora una volta la sicurezza e la bravura di Anna, snellissima signora inglese naturalizzata americana che ha 67 anni portati alla grandissima sotto gli immancabili occhialoni neri, il caschetto perfetto, le gambe belle sotto le gonne quasi sempre strette, dal 1988 direttore di Vogue America, due milioni di dollari di stipendio annuo e un rimborso di 200.000 dollari per le spese di guardaroba. A quando la prima cover con Melania che tra l’altro essendo una ex modella è molto abituata e posare e ha anche il physique du rôle? Intorno all’impenetrabile Anna tutto il mondo della moda è in subbuglio e in specie la comunità fashion dei gay che si aspetta il peggio dal nuovo corso votato dal popolo-populista. Qualcuno parla, la maggior parte tace perché non si sa mai. Tace persino Ralph Lauren, e certo per delicatezza e riservatezza, proprio lui che ha vestito (su misura) Hillary Clinton per tutta la campagna e ora si gode il trionfo della tuta scelta da Melania Trump nell’ora della vittoria. Non tace Diane von Furstemberg, stilista e presidente degli stilisti americani che organizzano la fashion week a New York, anche se i toni non sono certo accesi. “Oggi è il primo giorno del resto della nostra vita – ha dichiarato Diane al giornalista dell’inchiesta svolta da Business of Fashion due giorni fa –. Dobbiamo credere che il futuro è nelle nostre mani, dobbiamo credere più che mai nel bene della gente, avere una mentalità generosa, avere compassione, dobbiamo influenzare più che mai il bene. È il momento dell’inclusività”, conclude Diane von Furstemberg con questi toni quasi messianici. Anche lei come Wintour per lunghi mesi fans di Hillary e non certo vicina alle idee di Trump. Molto propositivo anche Alex Bolen, Ceo di Oscar de la Renta: “La moda è espressione del qui e ora, non di ieri e domani. La moda deve reagire in modo forte a questo nuovo mood, a questo nuovo sentire il cambiamento”. Sommerso di messaggi uno degli uomini più importanti della comunicazione del fashion Ed Filipowski, presidente di KCD. “In molti mi esprimono choc e devastazione – spiega Ed –, tutti parlano dell’effetto sul mercato della moda che questa elezione potrà avere, per l’industria e per i retail. Una reazione umana e istintiva, sono stato così orgoglioso in vivere in Usa in un’epoca così liberale!”. Sconsolato anche il fashion blogger Bryan Boy: “Oggi più che mai noi che apparteniamo alla comunità dei minoritari, donne, orientali, omosessuali e lesbiche, musulmani e asiatici, dobbiamo chiedere ai media di difenderci da questa supremazia bianca”. Reazioni forti anche da Anthony Vaccarello di YSL e da Massimo Giorgetti, direttore creativo di Pucci, tutte a caldo come quelle di Donna Karan, di Fausto Puglisi, di Jonathan Anderson di Loewe, tutti scatenati per la delusione.

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