di Marco Lupis (huffingtonpost.it, 5 agosto 2023)
Lei bionda, alta, snella, occhi azzurri; lui biondo come lei, fisico palestrato, spalle quadrate, occhi altrettanto immancabilmente chiari. Parliamo di Barbie e Ken, la coppia più “rosa” dell’universo immaginario di Hollywood e sicuramente aderente al cento per cento ai canoni di bellezza tipicamente occidentali. Diciamo pure americani. Per questo non c’è da meravigliarsi se il nuovo film di cui, da noi, tutti parlano, ha avuto ben scarso successo nelle sale e tra il pubblico del resto del Mondo.
Soprattutto in Asia, dove i canoni di bellezza sono ben diversi da quelli ai quali ci ha abituato l’industria cinematografica a stelle e strisce. Così, al contrario del successo incredibile raggiunto al botteghino dal nuovo film con Margot Robbie e Ryan Gosling in America ed Europa, in tutta l’Asia non è esagerato parlare di vero e proprio flop. Ma in Cina l’universo pink della coppia più americana (e consumista) di sempre ha avuto invece un certo successo di pubblico, e soprattutto ha generato un effetto sociale non da poco: scatenare il dibattito pubblico sulla parità di genere in un Paese dove la condizione della donna è ancora molto indietro. Barbie ha guadagnato quasi 86 milioni di yuan (circa 11,9 milioni di dollari) in Cina, nella prima settimana di programmazione, secondo la piattaforma cinese di vendita di biglietti Maoyan, posizionandosi al terzo posto in tutti i film a livello nazionale.
Sebbene questa cifra sia poca cosa rispetto al successo travolgente negli Stati Uniti – dove ha incassato 155 milioni di dollari a livello nazionale durante il primo fine settimana –, potrebbe ancora crescere man mano che la discussione sui social media sul film prende slancio. Da quando il film è uscito nelle sale cinematografiche cinesi a luglio, infatti, c’è stata una raffica di attività sui social media cinesi, con molte donne che hanno commentato dicendo di aver visto spettatori uomini uscire dal cinema a metà proiezione, apparentemente irritati dai temi del film, percepiti come una denuncia della mascolinità tossica, e dal suo sostegno al femminismo. Sabato scorso Barbie è stato l’argomento top trend sulla piattaforma Weibo, il più popolare social network cinese, simile a Twitter, totalizzando oltre 630 milioni di visualizzazioni. Sebbene nessuna delle discussioni su Barbie tocchi la politica cinese, la bambola amante del rosa potrebbe aiutare ad «aprire la strada all’azione femminista affermativa», ha detto un utente su Weibo.
Zhou Xiaoxuan, una sceneggiatrice che è diventata famosa a livello nazionale per aver osato rendere pubbliche le accuse di molestie sessuali da parte di un famoso conduttore della televisione di Stato, ha affermato che il film ha fornito uno spazio pubblico alle donne cinesi per discutere di questioni di genere: «Ogni ragazza può andare al cinema con i suoi amici e discutere del film», ha detto Zhou postando il suo pensiero sui social. «Significa che ogni cinema può essere uno spazio che ospita il femminismo». Zhang Zhiqi, co-conduttrice del seguitissimo podcast Stochastic Volatility, uno dei più popolari della Cina, ha detto che il valore del film è più nella sua vasta portata di pubblico che nel suo contenuto. «Posso solo dire che è un film sul patriarcato», ha detto Zhang. «Ci sono film più perspicaci e pionieristici che abbiamo visto come femministe, ma non sono film commerciali per un pubblico generico. Quindi in questo senso il film ottiene un risultato significativo nel proporre il tema del femminismo», ha insistito Zhang.
Le discussioni su Barbie sono in contrasto con lo scarso interesse o tolleranza della società cinese per le voci critiche relative al poco rispetto dei diritti delle donne. Nella cultura pop cinese le opere che toccano direttamente il genere sono rare e spesso causano accesi dibattiti o indifferenza del mercato. La cabarettista Yang Li, che è diventata famosa nel 2020 ed è nota per la sua satira sugli uomini arroganti, è stata attaccata per il suo aspetto e i marchi che ha sostenuto sono stati boicottati da alcuni clienti dopo che le sue clip sono diventate virali. Nel 2017 la regista Vivian Qu ha vinto il premio come miglior regista ai Golden Horse Awards, probabilmente il più importante riconoscimento per il cinema in lingua Cinese, per il suo film Angels Wear White. Eppure il film, che propone la storia di una minorenne abusata sessualmente, ha incassato solo 20 milioni di yuan (2,5 milioni di euro) al botteghino in Cina.
Insomma, le donne in Cina si dicono a vicenda sui social e tra loro di portare i fidanzati a vedere Barbie e di usare la visione del film come cartina di tornasole per testare i loro pensieri e il loro atteggiamento sui temi del femminismo e del patriarcato. Su Douban, un popolare sito di recensioni di film cinesi, Barbie ha attualmente un punteggio di 8,6 su 10, con quasi la metà di tutti gli spettatori che gli danno il massimo dei voti. Anche la sezione dei commenti include lodi entusiastiche per i temi della femminilità e del femminismo del film e per la sua abile gestione da parte della regista Greta Gerwig, nota anche per Lady Bird e Piccole donne.
Diversi revisori hanno definito il film una boccata d’aria fresca, paragonandolo ad alcuni film cinesi ancora pieni di ruoli di genere obsoleti e dallo sguardo maschile distorto. Un utente ha scritto nel commentare la pellicola: «Non ci sono molte opportunità per le donne cinesi di guardare un film dal punto di vista puramente femminile al cinema». Un altro commento ha paragonato Barbie a una recente uscita cinematografica cinese, Lost in the stars, che in precedenza aveva ricevuto critiche per la sua rappresentazione degli stereotipi di genere. Lost in the stars ha mostrato «falso femminismo sotto lo sguardo maschile», mentre Barbie rappresenta «il femminismo dalle diverse prospettive delle vere registe» si legge nel commento, con oltre 18mila “Mi piace”.
I movimenti femministi in Cina hanno dovuto affrontare numerose battute d’arresto, nel corso degli anni, a causa della censura e della continua repressione dell’attivismo. Ma il tema è rimasto resiliente e ha continuato ad alimentare il dibattito sotterraneo; una serie di controversie relative al #MeToo e accuse di violenza sessuale hanno innescato ondate di accesi dibattiti on line, con donne e sostenitori che denunciano la radicata disuguaglianza di genere in Cina e la mentalità da società patriarcale dura a sconfiggersi. Il successo del film e soprattutto l’accesso dibattito “alla luce del sole” che si sta registrando in questi giorni in Cina, appare tanto più stupefacente quando si consideri la situazione della censura alla quale vengono sottoposti tutti i prodotti di comunicazione di massa nell’immenso Paese.
Tutti i film proiettati pubblicamente in Cina, infatti, necessitano di un permesso da parte delle autorità di regolamentazione, e le autorità reprimono tutto ciò che percepiscono come inappropriato. Malgrado Hollywood abbia cercato a lungo di placare la censura cinese, molti studi cinematografici hanno iniziato a ripensare a questo compromesso, alcuni decidendo di mantenere scene che potrebbero irritare la censura, il che significa che molti film di successo statunitensi sono scomparsi dai cinema cinesi. Ad esempio, sette dei recenti film della Marvel non sono stati proiettati in Cina, il che significa che nessun film Marvel è stato distribuito nel Paese per quattro anni fino a questo febbraio, quando la Cina ha consentito l’uscita di Black Panther: Wakanda Forever e Ant-Man and the Vespa: Quantumania. La seconda economia più grande del mondo ha generato entrate al botteghino per 3,7 miliardi di dollari nella prima metà del 2023, rispetto ai 4,5 miliardi di dollari negli Stati Uniti nello stesso periodo.
Eppure, solo 2 dei 10 film di maggior incasso prodotti in Cina sono arrivati da Hollywood l’anno scorso, mentre Pechino sta spingendo per l’uscita di più titoli nazionali. Uno dei film cinesi recenti più popolari, The Battle at Lake Changjin, sulla Guerra di Corea, è stato deriso da alcuni critici come pura propaganda. La pellicola sta esercitando anche un notevole appeal sull’universo Lgbtq+, fino a oggi estremamente represso e censurato in Cina. Un utente di Weibo, che si nasconde dietro uno pseudonimo ma si definisce gay e di professione drammaturgo, ha scritto che il film di Barbie gli ha fornito un «motivo valido» per indossare pubblicamente una maglietta rosa al cinema. «Ho comprato la maglia qualche anno fa, ma non ho mai avuto il coraggio di indossarla all’aperto», ha scritto.
In base alla politica cinese del figlio unico, abolita nel 2016 dopo più di trent’anni, molti genitori preferivano i maschi alle femmine, portando ad aborti selettivi in tutto il Paese. Ben poche donne ricoprono oggi importanti posizioni politiche, con i primi 7 posti di leadership del Paese tutti occupati da uomini, incluso Xi Jinping. Oggi, in un Paese tradizionalmente maschilista e poco propenso al cambiamento come la Cina, anche un film come Barbie potrebbe contribuire a sfondare quel “tetto di cristallo” che sembra ancora ricoprire buona parte dei cieli del Dragone.