Addio a Vivienne Westwood, punk fino alla fine

di Luca Scarlini (esquire.com, 29 dicembre 2022)

“God save the Queen / a fascist regime / they made you moron / potential H bomb”: nel 1976 i Sex Pistols lanciavano parole di fuoco e fiamme, mentre intorno l’Inghilterra, stremata dagli scioperi e sommersa dall’immondizia, non raccolta da mesi, stava celebrando il giubileo della Regina Elisabetta II. God Save the Queen e Anarchy in The Uk resero la band celebre e famigerata in un momento.

Ph. Gareth Cattermole / Getty Images

Dietro di loro c’era il pensiero di Malcolm McLaren, manager-filosofo forgiato alla lezione del Situazionismo francese e gli abiti della sua compagna Vivienne Westwood, nata a Tintwistle l’8 aprile 1941 e morta oggi all’età di 81 anni. Vivienne era arrivata a Londra negli anni Cinquanta, iniziando a lavorare nel fashion come creatrice di gioielli che vendeva personalmente a Portobello Road. L’incontro con il compagno portò alla creazione di boutique che erano anche luoghi di ritrovo, dove confluivano rocker e artisti: Let it Rock, inaugurato nel 1971 al 430 di King’s Road.

All’inizio lo stile era un recupero dello stile mod, dandyismo britannico in voga alla fine degli anni Sessanta, momento celebrato dal film Quadrophenia di Franc Roddam nel 1979. In seguito fu il momento della trasformazione, clamorosa e provocatoria, in Sex, dall’insegna dal color rosa in materiale plastico in rilievo per un impatto decisamente erotico, lanciato dalla celebre foto pubblicitaria con il nome scritto sul corpo della designer e di altre icone punk, tra cui la splendente Amyl Jordan, poi star di Jubilee di Derek Jarman (1978).

Il punto di riferimento di queste creazioni era il mondo Bdsm e molti feticci erano nell’allestimento dello shop, che divenne celebre per la vendita di t-shirt con messaggi con lettere ritagliate (come nella celebre copertina dell’lp dei Pistols, Never mind the Bollocks) e immagini shock, come quella, famosa, indossata dalla creatrice con una svastica e la scritta Destroy in evidenza (ed è questa la parola più usata nella musica del tempo). I Pistols traevano il loro nome da una creazione Westwood, che in seguito cambiò ancora nome allo shop che divenne nel tempo The Seditionaries e infine World’s End, attrazione turistica per l’orologio con le lancette che girano al contrario.

Nel pubblico dei concerti dei Pistols, spesso interrotti d’autorità o per scontri, c’erano figure iconiche: Billy Idol, Siouxsie, Robert Smith. I capi creati dalla designer vennero all’inizio acquistati specialmente da chi frequentava il mondo punk, poi il mercato si allargò. Nel 1981 Westwood presentò la prima collezione Pirate, di nuovo in perfetto allineamento con il rock britannico, che proponeva i trionfi di Adam Ant e del suo iperromantico Pirate Look, mentre la metropoli si popolava di New Romantic che spesso mettevano in scena i loro elaboratissimi look nel locale The Blitz, da cui sono emerse molte figure del mondo musicale e della moda britannica.

Lo sguardo della designer si sposta dalla strada e dal mondo giovanile, verso la storia del fashion che aveva studiato in gioventù. Il riferimento è quindi al mondo, provocatorio e assai sexy, del Settecento britannico, quello delle incisioni crudeli de La carriera di un libertino di William Hogarth. La prima collezione riporta quindi in auge il corsetto, il faux-cul e scarpe col plateau molto alto (da cui clamorosamente precipitò Naomi Campbell in uno show del 1993), secondo il modello delle calzature veneziane del Rinascimento, nate per sollevare le signore dal fango delle strade.

La Westwood ha avuto senz’altro un ruolo rilevante nella definizione delle sfilate come spettacolo, centrale negli anni Ottanta. Tra gli spettacoli più celebri Savages (1981), Punkature (1982), Witches (1983). Nel 1985 avviene la separazione da Malcolm McLaren e lo stile passa a una citazione dal mondo del balletto classico, con uno specifico riferimento a Petrushka di Stravinskij-Diaghilev, con le Mini Crini, mini crinoline che volevano mettere in dialogo, traumaticamente, la minigonna e la crinolina, due simboli della condizione femminile.

Gli anni dal 1988 al 1991 sono stati nominati dalla Westwood come The Pagan Years, indicando come filo conduttore la rivisitazione provocatoria di icone dell’abbigliamento borghese. Memorabile in una vena d’ironia assai pronunciata la celebre copertina di Tatler nell’aprile 1989, vestita come Margaret Thatcher, con il titolo scritto con le lettere ritagliate: This Woman Once Was a Punk. Dagli anni Ottanta il marchio ha guadagnato sempre maggiore successo, con l’insegna della corona, mentre i negozi hanno iniziato a diffondersi in giro per il mondo, e quello milanese in Corso Venezia è stato uno dei primi ad essere aperti.

Da sempre impegnata in politica, ha sostenuto il Partito dei Verdi alle elezioni britanniche, nel 2005 ha prodotto una t-shirt per l’associazione britannica per i diritti civili Liberty con un messaggio in evidenza: “I’M NOT A TERRORIST: please don’t arrest me”, nel 2017 ha sostenuto il programma del leader labourista Jeremy Corbyn. Tra gli interessi maggiori degli ultimi anni è da segnalare un impegno continuo sulla questione della moda sostenibile e una serie di interventi sul tema dell’energia rinnovabile. Per le sue posizioni sul consumismo è stata spesso criticata, specie dopo la presentazione del suo manifesto Active Resistance to Propaganda.

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