Archivio mensile:Maggio 2021
Elisabetta Canalis, pasionaria (pop) di destra
di Stefano Baldolini (huffingtonpost.it, 19 maggio 2021)
Colpisce a destra quanto a sinistra, e la potremmo chiamare sindrome “Pasionaria”, dal soprannome dato a Dolores Ibárruri, la mitica antifascista spagnola del “No pasarán!”. Questa volta è toccato a leghisti, fratelli d’Italia e dintorni. “L’Italia è un paese libero. Non deve omologarsi alle follie del politicamente corretto”, ha postato Elisabetta Canalis su Instagram scagliandosi contro il “bavaglio inaccettabile”, e la trasformazione in intellettuale controcorrente, scomoda e di destra, è immediata. Matteo Salvini e Giorgia Meloni sottoscrivono, e la rilanciano su Twitter: “Chiara e coraggiosa!”, “Brava!”. Nicola Porro la esalta: “Non sceglie la via facile delle superstar in ginocchio per la nuova religione Lgbt pro ddl Zan”.

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Oltre la velina: lo chiamano “sonoro” e sono quindici secondi di autocelebrità
di Carmelo Caruso (ilfoglio.it, 12 aprile 2021)
Lo chiamano “sonoro” e nulla ha a che vedere con la musica. È in pratica l’antinformazione, il playback del politico (anzi dell’ufficio stampa) che si interroga e si risponde senza contradditorio. Siamo passati a piazza Staderari e poi presso l’hotel Nazionale per assistere a uno dei nuovi fenomeni di questi tempi malandati. Si tratta dell’intervista self made man, una sorta di pasquinata da non interrompere assolutamente se non si vuole rischiare di passare per giornalisti. Sono quindici secondi di flusso di coscienza che il deputato o il senatore confezionano e che poi gli uffici stampa “spacciano” a televisioni, agenzie, giornali.
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Trump Organization sotto indagine penale
(ansa.it, 19 maggio 2021)
La Trump Organization, holding che controlla le proprietà e gli investimenti della famiglia dell’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump, è oggetto di una inchiesta penale: lo ha annunciato martedì il procuratore dello Stato di New York. «Abbiamo informato la Trump Organization che la nostra indagine su questa organizzazione non è più esclusivamente di natura civile», ha detto un portavoce del procuratore Letitia James. «Stiamo ora indagando attivamente sull’Organizzazione Trump in sede penale, insieme al procuratore di Manhattan», ha aggiunto.

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Attenzione al sondaggio sul «partito di Fedez»
di Gianmichele Laino (giornalettismo.com, 11 maggio 2021)
Occhio ai titoli sul «partito di Fedez». Perché un sondaggio effettuato dall’istituto Swg sulla grande novità del dibattito politico italiano (almeno da un mese a questa parte), ovvero l’impegno costante degli influencer su temi legati all’amministrazione della cosa pubblica – si parte dal grande movimento web sul Ddl Zan per arrivare alla gestione più o meno coerente dell’emergenza pandemica – potrebbe provocare qualche fraintendimento (cosa che, tra le altre, già stiamo vedendo nell’eccessiva semplificazione dei titoli dei giornali). Cosa ci dice, innanzitutto, il sondaggio Swg (che ha avuto modo di concentrarsi in maniera molto convinta anche sullo stato del dibattito italiano sul Ddl Zan)?

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Il libro della Meloni è la perfetta autobiografia d’una influencer
di Guia Soncini (linkiesta.it, 11 maggio 2021)
Nel capitolo finale del suo libro, Giorgia Piccoloprincipe Meloni dice alla figlia di ricordarsi «che il cuore vede con molta più nitidezza di quanto sappiano fare gli occhi»; è solo una delle mille frasi instagrammabili che riempiono il memoir della deputata che la sinistra odia come si odia solo una temibile rivale. Il capitolo dedicato alla figlia Ginevra («Gì», giacché lei è Giorgia, lei è una madre, ma soprattutto lei è romana) si apre con quattro versi in esergo. Sono quattro versi di Cat Stevens, della più sputtanata delle canzoni sulla genitorialità, Father and son. Padre e figlio, dedicata da una madre alla figlia. Se a sinistra scoprono cosa voleva dire davvero, la Meloni, in quel video in cui diceva che non sa cosa sia il gender, chissà che succede; se i socialmente presentabili s’accorgono che la Meloni è molto più gender fluid di loro, chissà come la prendono.

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Rocco Casalino, autobiografia di una nazione
di Paolo Mossetti (esquire.com, 11 marzo 2021)
Inizia con una maledizione sussurrata al padre morente l’autobiografia dell’ultimo Machiavelli italiano. Parole d’odio per sopprimere la rabbia e seppellirla col nemico di sempre. Rocco Casalino non perdona e non dimentica: in quel letto d’ospedale vede una giustizia che è arrivata, il conto di una violenza che il genitore aveva inflitto, per anni, ai figli e alla moglie. È a quest’ultima che l’ex responsabile della comunicazione di Giuseppe Conte dedica la citazione in apertura, tratta dalla poesia Supplica alla madre di Pier Paolo Pasolini. Ma quella rabbia non andrà mai via, e farà da propulsore a una delle carriere più fulminanti e originali nel nostro panorama politico.

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I Savoia visti dal “New York Times”
(ilpost.it, 10 maggio 2021)
Nel gennaio del 2020 Vittorio Emanuele di Savoia, figlio dell’ultimo re d’Italia Umberto II, aveva incluso le donne della famiglia nella linea di successione, rendendo erede della casata sua nipote 17enne Vittoria. La notizia era stata accolta con una certa sorpresa, per due motivi: il primo è che per secoli i Savoia hanno rispettato la legge salica, secondo cui l’erede al trono deve essere di sesso maschile, e quindi la decisione di contravvenire a questa prassi era stata vista come un tentativo da parte dei Savoia di rinnovare la propria immagine; il secondo motivo è che i Savoia, da quasi 75 anni, non hanno un regno che Vittoria può ereditare.

Golden Globes: tutti sul carro degli indignati
di Adalgisa Marrocco (huffingtonpost.it, 10 maggio 2021)
Ormai l’indignazione è di moda. E ogni occasione è buona. Così anche i divi più lontani dalle polemiche hanno alzato la voce puntando il dito contro i Golden Globes. “L’associazione dei giornalisti stranieri è sessista e discriminatoria e va riformata, fino quando non accadrà la boicotteremo”. Perfino Tom Cruise ha restituito le sue statuette e si è unito al coro di indignazione contro la Hollywood Foreign Press Association, che assegna il premio ai migliori film e programmi televisivi della stagione. I critici gridano all’ipocrisia delle star che – in alcuni casi storicamente lontane dall’attivismo – sembrano accorgersi soltanto adesso di un sistema che poco inclusivo lo è da sempre.

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Il teatro politico dell’indignazione
di Antonio Preiti (huffingtonpost.it, 5 maggio 2021)
Nell’era dell’indignazione e del risentimento la politica ha ancora un senso? O meglio, nell’era dell’indignazione e del risentimento, quale politica si può praticare? Siamo abituati a quella “razionale” (programmi, ideologie, verifica dell’azione di governo etc.), ma ci dice ancora qualcosa, interessa ancora qualcuno? Se non è questa, allora qual è? Guardiamo al potere degli influencer e da dove arriva: dal numero dei like? o da qualcosa di più radicale, di più profondo, anzi di più psicologico che politico? Vediamo. Immagino che nessuno abbia dubbi che proprio l’indignazione e il risentimento siano il segno dei tempi: se torniamo a qualche anno fa, l’indignazione e il risentimento erano la base emotiva (dunque quella più importante) del successo di tutti i movimenti populisti (termine qui denotativo e non connotativo).
