di Giuliana Rotondi (focus.it, 11 agosto 2018)
Adolf Hitler è da molti considerato tra i personaggi storici più dotati di talento oratorio. Talento che seppe capitalizzare e trasformare in progetto politico. Uno studio appena pubblicato sulla rivista American Political Science Review ha, però, ridimensionato la portata politica degli interventi pubblici che tenne prima del 1933.Secondo i ricercatori, infatti, non fu con i suoi discorsi che fece guadagnare consenso al suo partito. Per il loro studio i ricercatori hanno esaminato le cinque elezioni parlamentari e presidenziali che si sono svolte in Germania tra il 1927 e il 1933. In questo periodo, i voti del partito nazista (il partito operaio socialista tedesco o Nsdap) ebbero un’impennata: passarono dal 3% al 44% in 6 anni. Il merito, a quanto pare, non fu però dei suoi comizi pubblici. I ricercatori hanno infatti analizzato i dati elettorali di migliaia di comuni, vedendo in quali luoghi Hitler era salito in tribuna e in quali no. Hanno poi analizzato i comizi pubblici dei membri del suo partito: in particolare di Joseph Goebbels, futuro abilissimo ministro della Propaganda del Terzo Reich. Confrontando i dati con metodo statistico, i ricercatori sono rimasti sorpresi nello scoprire che le apparizioni pubbliche di Hitler nella maggior parte dei casi non corrisposero a un aumento del consenso elettorale: vale a dire che, nei comuni in cui lui parlò, il partito non prese più voti. Nelle elezioni federali tedesche del 1932 – quando si eleggeva il Cancelliere – l’incidenza dei discorsi del Fuhrer fu, poi, eccezionalmente bassa. Se Hitler guadagnò consensi, aprendo la strada al Terzo Reich, fu soprattutto perché il suo concorrente, Paul von Hindenburg, non fece alcuna apparizione pubblica nei luoghi in cui lui si era esposto in prima persona, permettendogli così di guadagnare uno o due punti percentuali. I dati hanno sorpreso gli stessi ricercatori. Innanzitutto perché storici e testimoni del tempo concordano nel dire che le abilità oratorie di Hitler erano davvero stupefacenti. Il suo sguardo magnetico e la sua voce erano in grado di incantare ed emozionare le folle come pochi altri. Il futuro Führer, inoltre, in quegli anni si spese come nessun altro per guadagnare consensi (spesso in modo spregiudicato: mai come allora circolarono bufale e fake news). Viaggiò su e giù per la Germania e sfruttò tutte le nuove tecnologie del tempo – come altoparlanti e aeroplani –, raggiungendo un impatto mediatico per i tempi sorprendente. Eppure, a quanto pare, non furono i suoi discorsi a fargli vincere le elezioni. Piuttosto un clima, uno stato d’animo di generale frustrazione che serpeggiava nel popolo tedesco e un desiderio di riscatto dopo l’esito della Prima guerra mondiale e la Grande Depressione. Un malumore che nessun altro partito seppe intercettare in modo altrettanto efficace. Come è proseguita la Storia lo sappiamo. Il Führer nel 1933 andò al potere. Da quel momento in poi, in Germania tutto cambiò: Hitler, grazie anche all’abile macchina di propaganda del ministro Goebbels, prese il controllo delle istituzioni statali, dei media e di molte organizzazioni sociali. A quel punto l’effetto della propaganda – discorsi di Hitler inclusi – divenne decisamente maggiore. E, soprattutto, privo di qualsiasi contraddittorio.